Padova da mangiare

Dalla Norvegia a Venezia, il segreto del baccalà custodito dalla Serenissima.

Il baccalà è un piatto talmente legato alla cucina veneta da farci pensare che sia sempre stato parte della
nostra tradizione: rosso, mantecato o alla vicentina è un piatto che ritroviamo, con caratteristiche e
preparazioni differenti, in tutta la regione.

Eppure la storia del baccalà è lunga e parte dalla Norvegia, precisamente dall’arcipelago norvegese delle
Lofoten.

Nel 1431 Pietro Querini, membro del Maggior Consiglio della Serenissima, partì da Creta con un
carico di 500 tonnellate di Malvasia, spezie, cotone, cera e allume di rocca insieme a un equipaggio di 68
uomini.

L’obiettivo era portare la Querina, il suo vascello mercantile, fino alle Fiandre ma una tempesta
sorprese l’equipaggio lasciandolo per 3 mesi in mare, in balia delle onde e dei venti.

Solo 18 uomini si salvarono, insieme a Querini, raggiungendo su una scialuppa l’arcipelago delle Lofoten dove alcuni pescatori dell’isola di Rost li soccorsero e si presero cura di loro.

Sull’isola il pesce era la maggiore fonte di sostentamento, in particolare gli stocfisi, che gli abitanti mettevano a seccare al sole e al vento, senza sale, fino a quando perdevano completamente l’umidità.

I pesci così si conservavano a lungo e al momento di mangiarli venivano battuti e sfilacciati, conditi con burro e spezie.
Quando nel 1432 Querini ripartì verso la Serenissima, decise di portare a Venezia 60 stoccafissi essiccati.
Quel pesce riscosse subito grande successo in patria per la sua bontà quanto per la lunga durata che
consentiva di portarlo con sé nei viaggi.

Da allora il baccalà – che in Veneto e in Friuli indica il merluzzo essiccato mentre nel resto d’Italia quello salato – è entrato a far parte della tradizione veneta che ne ha elaborato diverse versioni trasformandolo da cibo povero a piatto gourmet.